Sfratto o Sgombero? Differenze chiave e quando si applicano

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La guida completa per capire quando e come richiedere lo sfratto o lo sgombero.

Pubblicato il: 15/11/2024

Nonostante abbiano lo stesso obiettivo finale, ovvero rendere nuovamente disponibile un immobile liberandolo da chi lo occupa in violazione di un contratto o di una legge, sfratto e sgombero forzato seguono percorsi distinti e nascono da situazioni diverse. La differenza principale risiede nel tipo di rapporto tra locatore e locatario: il termine sfratto si applica principalmente ai contratti di locazione, mentre lo sgombero forzato interviene in casi privi di legami contrattuali o dove il contratto è scaduto senza che sia stato liberato l'immobile.

In questo articolo analizzeremo a fondo le peculiarità di ciascuna procedura, chiarendo in quali situazioni si applicano, come si svolgono e quali sono i diritti di cui possono avvalersi sia i proprietari che gli inquilini. L’uso dei termini sfratto e sgombero può generare confusione, ma comprenderne le differenze aiuta a capire meglio le implicazioni legali e le possibili soluzioni per affrontare questi delicati contenziosi.

 

Cosa si intende per sfratto forzato?

 

Lo sfratto forzato rappresenta la fase conclusiva di un processo che ha inizio con la richiesta di sfratto per morosità, regolata dall’articolo 658 del Codice di Procedura Civile. Questo iter legale è a disposizione del proprietario di un immobile quando l’inquilino non versa il canone di locazione pattuito.

Per avviare la procedura di sfratto è indispensabile un regolare contratto di locazione, redatto per iscritto e firmato dalle parti. Pertanto, senza un accordo formale, lo sfratto non è applicabile, anche se l’immobile è occupato a titolo di locazione. Il primo passo per il proprietario è inviare una diffida al locatario, in cui viene sollecitato il pagamento degli importi arretrati e viene stabilito un termine per liberare l’immobile. Nella comunicazione, si informa inoltre che, in caso di mancata risposta, si procederà per vie legali.

Se l’inquilino non risponde, il passo successivo è l’intimazione di sfratto, che richiede la sua comparizione in tribunale per la convalida dello sfratto stesso. Davanti al giudice, il locatario può opporsi, avviando un contenzioso ordinario, oppure decidere di saldare i canoni arretrati con possibilità di rateizzazione su richiesta. In alternativa, se non si presenta all’udienza, il giudice procede alla convalida dello sfratto in sua assenza.

Una volta convalidato lo sfratto, il giudice stabilisce una data entro cui l’inquilino dovrà liberare l’immobile, solitamente entro un mese. Se, alla scadenza, l’inquilino non ha lasciato l’immobile, si entra nella fase esecutiva, ovvero lo sfratto forzato, per procedere alla liberazione definitiva dell’immobile.

 

Che cos'è lo sgombero e quando è necessario?

 

Lo sgombero è una procedura legale che permette al proprietario di rientrare in possesso di un immobile o di un terreno in caso di occupazione abusiva. Questa azione si applica quando persone occupano una proprietà senza avere alcun titolo legale per farlo, privando il legittimo proprietario dei suoi diritti di utilizzo o godimento del bene.

Quando si verifica un’occupazione abusiva, il proprietario o l’avente diritto può presentare una denuncia alla Procura della Repubblica e richiedere l’intervento della polizia giudiziaria. Quest’ultima, se non ci sono accordi che giustifichino la presenza degli occupanti, può procedere allo sgombero per restituire l’immobile al legittimo proprietario. In caso invece di un accordo, anche verbale, per l’uso del bene, sarà necessario attendere una decisione dell’autorità competente.

Un caso particolarmente delicato riguarda l’occupazione abusiva di case popolari. Una legge del 2014 prevede che, senza un’assegnazione formale, non sia possibile stipulare contratti di utenze per luce, gas e acqua, scoraggiando così le occupazioni illegali.

Tra le ragioni che possono portare a uno sgombero rientrano:

  • Occupazione abusiva: Quando un immobile viene occupato senza un contratto di locazione o diritto di utilizzo.
  • Necessità di liberare un’area: Per motivi di sicurezza, ristrutturazioni o per adeguamenti a normative urbanistiche.
 

Qual è la differenza tra sfratto e sgombero forzato?

 

In generale, lo sfratto è una procedura che interviene quando esiste un contratto di locazione, ma viene violato o non rinnovato consensualmente. Lo sgombero, invece, riguarda i casi di occupazione abusiva o la necessità di liberare una proprietà senza che vi sia un contratto tra le parti.

La differenza tra sfratto e sgombero forzato, quindi, si basa sul tipo di rapporto tra proprietario e occupante. Lo sfratto si applica solo quando esiste un contratto scritto e firmato, in cui il locatario, violando i termini, non corrisponde il canone pattuito. Lo sgombero, invece, si utilizza in caso di occupazione abusiva di un immobile o terreno – anche pubblico – da parte di chi non ha alcun titolo per rimanere.

Pur condividendo lo stesso risultato finale, cioè il rilascio dell’immobile da parte di chi lo occupa senza diritto, sfratto e sgombero si distinguono per le premesse legali che regolano il rapporto tra proprietario e occupante.

 

Quando è possibile richiedere lo sfratto per morosità?


Il proprietario di un immobile può richiedere lo sfratto per morosità nel caso in cui, con un contratto di locazione regolarmente registrato presso l’Agenzia delle Entrate, l’inquilino non abbia versato le quote del canone mensile pattuito. Di norma, si considera inadempiente chi non paga entro 20 giorni dalla data stabilita nel contratto. Inoltre, proprietari e agenti immobiliari possono accedere a una banca dati sulla morosità immobiliare, utile per evitare inquilini con precedenti di insolvenza.

La procedura di sfratto per morosità segue generalmente questi passaggi:

  1. Avviso di morosità o violazione: Il proprietario invia una notifica all’inquilino per comunicare il mancato pagamento o un’altra violazione.
  2. Presentazione della richiesta di sfratto: Il proprietario deposita in tribunale la richiesta di sfratto.
  3. Ordinanza del giudice: Il giudice esamina la richiesta e può emettere un’ordinanza di sfratto.
  4. Intervento dell’Ufficiale Giudiziario: L’ufficiale giudiziario notifica l’ordine all’inquilino e, se necessario, procede con l’esecuzione dello sfratto.
     

Come agire in caso di occupazione abusiva dell’abitazione?


Se un’abitazione è occupata abusivamente, il proprietario legittimo, o chi ne ha diritto grazie a un contratto regolare, può presentare una denuncia-querela per occupazione abusiva presso il commissariato di polizia o la stazione dei carabinieri. Questo dà avvio a un procedimento penale, in cui il proprietario può richiedere un risarcimento per i danni subiti, costituendosi parte civile.

Per riottenere il possesso dell’immobile, è necessario rivolgersi a un avvocato che avvierà un’azione di reintegrazione, conosciuta anche come “azione di spoglio”, presso il tribunale civile competente. Tale azione deve essere intrapresa entro un anno dall’occupazione o dal momento in cui il proprietario ne viene a conoscenza. L’avvocato redige un ricorso per chiedere al giudice la restituzione dell’immobile e la condanna degli occupanti al rilascio immediato. Se la situazione lo consente, il giudice può emettere un’ordinanza di reintegrazione, chiedendo eventualmente il supporto delle forze dell’ordine in caso di resistenza.

È importante notare che la procedura di sgombero non è sempre immediata e può richiedere settimane o mesi. Prima di procedere, infatti, il giudice potrebbe imporre alle parti di tentare una conciliazione.

Nel caso in cui sia passato più di un anno e non si sia ancora giunti a una soluzione, il proprietario può esercitare l’“azione di rivendicazione” (art. 948 c.c.). Anche in questo caso, tramite un avvocato, si procede con un atto di citazione al tribunale per far valere il proprio diritto di proprietà sull’abitazione occupata.

 

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