Inquilino moroso nullatenente? Le azioni del proprietario

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Come tutelarsi e recuperare i canoni di affitto non pagati

Pubblicato il: 07/03/2025

Quando un inquilino smette di pagare l'affitto, il proprietario si trova di fronte a una situazione complessa, che può diventare ancora più critica se l'inquilino risulta nullatenente. Ma cosa significa, concretamente, essere nullatenente? E quali sono le reali possibilità di recuperare le somme dovute in questi casi?
Anche se a prima vista può sembrare che il locatore non abbia margine d'azione, esistono comunque alcune strategie da mettere in campo per tutelare i propri interessi. Vediamo quali passi si possono intraprendere per affrontare al meglio questa situazione e, se possibile, recuperare gli affitti arretrati.
 

Cosa significa davvero "inquilino nullatenente"?


Il termine nullatenente non ha un valore giuridico preciso e non compare in alcuna normativa. In senso pratico, indica una persona priva di beni intestati—come immobili, veicoli, terreni o conti bancari—su cui possa essere avviato un pignoramento.

Nel contesto delle locazioni, un inquilino moroso può essere considerato nullatenente se non possiede beni aggredibili, non ha un reddito ufficialmente pignorabile o se ha intestato le proprie risorse a terzi. Tuttavia, prima di rassegnarsi all’idea che non ci siano margini di recupero, è fondamentale verificare la reale situazione patrimoniale dell’affittuario. Esistono infatti strumenti e strategie che il proprietario può adottare per valutare se e come tutelare i propri interessi.
 

Come verificare il patrimonio di un nullatenente


Se un inquilino moroso sostiene di essere nullatenente, il proprietario può intraprendere alcune verifiche per accertarne la reale situazione patrimoniale. Anche in assenza di beni immobili o mobili registrati, esistono strategie per individuare eventuali risorse nascoste, come conti bancari o proprietà intestate a terzi.

Per farlo, è possibile rivolgersi a professionisti specializzati nell’individuazione di beni pignorabili. Infatti, il debitore potrebbe avere una casa intestata a un familiare, denaro depositato in banca o altre fonti di reddito non immediatamente visibili.
 

Cosa si può pignorare se il debitore possiede qualcosa?


Se, a seguito delle verifiche, emergono beni o redditi pignorabili, il proprietario può agire attraverso diverse modalità:

  • Pignoramento del reddito: se il debitore ha uno stipendio o percepisce una pensione, è possibile chiedere il pignoramento di una parte della somma, che verrà destinata direttamente al pagamento del debito.
  • Conti bancari: le banche possono essere obbligate a fornire informazioni sui conti intestati al debitore. Se vi sono fondi disponibili, questi possono essere soggetti a pignoramento.
  • Beni intestati a terzi: se si sospetta che il debitore abbia trasferito beni a familiari o amici per eludere i creditori, il giudice può disporre accertamenti per verificarne la reale proprietà.
  • Altre fonti di reddito: se il debitore possiede una partita IVA o riceve entrate da affitti, queste possono essere individuate e sottoposte a pignoramento.
     

Si possono pignorare i beni di genitori o coniuge?


Di norma, il debito resta personale e non può essere automaticamente esteso ai familiari. Tuttavia, esistono situazioni in cui è possibile agire: ad esempio, se il debitore ha ricevuto una donazione negli ultimi cinque anni, il creditore può chiedere la revoca dell’atto, dimostrando che è stata fatta per sottrarre beni al recupero crediti. In questo caso, i beni donati possono essere pignorati. Anche se inizialmente un inquilino può sembrare privo di risorse, con le giuste verifiche il proprietario potrebbe avere margini di recupero. 
 

Strategie e azioni legali per recuperare il credito


Quando un inquilino moroso si dichiara nullatenente, il recupero delle somme dovute può sembrare complesso, ma esistono diverse azioni che il locatore può intraprendere per tutelarsi. Anche se non è possibile rivalersi direttamente sui familiari del debitore (salvo casi in cui si dimostri che beni a loro intestati appartengano di fatto all’inquilino), ci sono strumenti giuridici e operativi per tentare di ottenere il pagamento.

1. Tentare una soluzione bonaria

La prima opzione è inviare un avviso bonario, ovvero una comunicazione scritta che sollecita formalmente il pagamento dei canoni arretrati. Anche se non è obbligatorio, può rivelarsi utile per dimostrare la volontà di risolvere la situazione senza ricorrere subito ad azioni legali. In alcuni casi, questa iniziativa può portare a un accordo e accelerare la chiusura della controversia.

2. Avviare la procedura di sfratto per morosità

Se il pagamento non viene effettuato, il locatore può procedere con l’intimazione di sfratto, un atto legale che obbliga l’inquilino a lasciare l’immobile e a saldare i debiti. Il giudice, dopo aver esaminato il caso, può emettere la convalida dello sfratto, stabilendo una data per il rilascio dell’appartamento.

3. Richiedere un'ingiunzione di pagamento

Parallelamente alla richiesta di sfratto, è possibile presentare una ingiunzione di pagamento, ovvero un provvedimento che impone all’inquilino di versare le somme dovute, comprese eventuali spese condominiali. Se l’inquilino non si oppone o non si presenta in tribunale, l’ingiunzione diventa immediatamente esecutiva. Se invece si impegna a saldare il debito, potrebbe ottenere una dilazione dei pagamenti.

4. Procedere con il pignoramento di beni o redditi

Se l’inquilino possiede beni intestati a proprio nome, il locatore può attivare  il pignoramento. A seconda della situazione patrimoniale del debitore, si può procedere in diversi modi:

  • Pignoramento di beni mobili, come auto, oggetti di valore o saldi su conti bancari.
  • Pignoramento del reddito, trattenendo una quota dello stipendio o della pensione fino all’estinzione del debito.
  • Ipoteca giudiziale, se il debitore è proprietario di immobili. Tuttavia, questa soluzione è conveniente solo se il credito è consistente, poiché comporta costi legali e può essere inefficace se l’immobile è già gravato da altre ipoteche.
     

Giustizia fai da te: quali sono i rischi per il proprietario?


Quando un inquilino non paga l’affitto o si rifiuta di lasciare l’immobile alla scadenza del contratto, il locatore può sentirsi tentato di risolvere la situazione autonomamente. Azioni come il cambio della serratura, l’interruzione delle utenze (luce, gas, acqua) o l’accesso forzato nell’abitazione possono sembrare soluzioni rapide per riprendere possesso della proprietà. Tuttavia, si tratta di comportamenti illegali che possono avere conseguenze civili e penali per il proprietario.

Secondo la legge, solo un tribunale può disporre lo sfratto esecutivo, che viene poi eseguito dall’ufficiale giudiziario. Qualsiasi tentativo di farsi giustizia da sé può essere considerato esercizio arbitrario delle proprie ragioni e configurare il reato di violazione di domicilio, con il rischio di sanzioni pecuniarie e, nei casi più gravi, anche di procedimenti penali. Se un proprietario intende affittare nuovamente l’immobile in futuro, può tutelarsi verificando la banca dati della morosità, uno strumento utile per identificare inquilini con precedenti di mancato pagamento.

La legge n. 392 del 1978 stabilisce che un inquilino può ritardare il pagamento dell’affitto fino a 20 giorni dalla scadenza prima che il locatore possa avviare una procedura di sfratto per morosità. Oltre questo termine, il proprietario può rivolgersi al tribunale per ottenere un’intimazione di sfratto, che, se convalidata dal giudice, obbligherà l’inquilino a lasciare l’immobile e a saldare il debito accumulato.
 

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