Pubblicato il: 04/04/2025
La vendita di un immobile che include parti comuni condominiali è una procedura che richiede particolare attenzione, poiché coinvolge aspetti legali, amministrativi e pratici. Affinché la transazione sia valida, è necessario ottenere il consenso unanime di tutti i condomini, poiché le parti comuni appartengono collettivamente ai proprietari dell’edificio. L’approvazione deve avvenire durante un’assemblea condominiale straordinaria, in cui tutti i partecipanti devono esprimere il loro consenso alla cessione. Senza questa approvazione unanime, qualsiasi atto di vendita è considerato nullo e privo di effetti legali. Andiamo a scoprire nel dettaglio cosa si deve fare e cosa no.
Quando si vende una casa, è essenziale comprendere il concetto di parti comuni e il loro impatto sulla compravendita. L’articolo 1117 del Codice civile stabilisce che le parti comuni di un edificio si suddividono in tre categorie principali.
La prima comprende gli elementi strutturali indispensabili all’uso collettivo, come il suolo, le fondamenta, i tetti, le scale e i portoni d’ingresso. La seconda riguarda le aree destinate ai servizi condivisi, tra cui parcheggi, lavanderie e portinerie. Infine, la terza categoria include impianti e manufatti di utilità comune, come ascensori, cisterne, pozzi, reti idriche e fognarie, oltre ai sistemi centralizzati di energia, riscaldamento e condizionamento.
In generale, un’area o un’infrastruttura possono essere considerate parti comuni se destinate all’uso collettivo dei condomini. La loro funzione e destinazione d’uso sono criteri chiave per determinarne la natura condominiale.
Questo diritto è inalienabile, il che significa che non può essere ceduto separatamente dalla proprietà dell’appartamento. Tuttavia, comporta anche l’obbligo di contribuire alle spese di manutenzione e conservazione delle aree condivise. Tale obbligo resta valido indipendentemente da eventuali cambiamenti nella destinazione d’uso della propria unità abitativa.
Comprendere questi principi è fondamentale per evitare controversie e garantire una gestione armoniosa delle risorse condominiali.
Il carattere indivisibile delle parti comuni di un condominio impone regole precise per la loro vendita. Poiché la proprietà è condivisa tra tutti i condomini, nessuno può cedere la propria quota separatamente. Per procedere con l’alienazione di un bene condominiale, è necessario ottenere il consenso unanime di tutti i comproprietari. Questa decisione deve essere formalizzata in un’assemblea straordinaria. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9361/2021, ha ribadito che senza l’unanimità il contratto di vendita è nullo, poiché la cessione di una parte del patrimonio comune incide sui diritti di tutti i condomini.
L’obbligo di unanimità vale anche per i condomìni minimi, ossia quelli con un massimo di otto condomini, indipendentemente dalla presenza di un amministratore o dall’effettiva convocazione di assemblee.
Una volta ottenuto il consenso unanime dell’assemblea condominiale, la vendita delle parti comuni può avvenire in due modi: attraverso la cessione a un soggetto esterno oppure mediante l’assegnazione in proprietà esclusiva a uno o più condomini.
In entrambi i casi, il trasferimento di proprietà deve essere formalizzato con un atto notarile, seguito dalla trascrizione nei registri immobiliari. Questo passaggio è essenziale per garantire la validità dell’operazione e renderla opponibile ai terzi.
Per semplificare la procedura e massimizzare le possibilità di vendita, è utile affidarsi a professionisti del settore, come i nostri esperti di Klak, che possono fornire supporto nella gestione delle pratiche e nell’individuazione di potenziali acquirenti.
Quando si intende vendere un immobile che include parti comuni, è fondamentale verificare la presenza di difformità o irregolarità edilizie. Tali problematiche possono ridurre il valore dell’immobile, influenzando negativamente il prezzo di vendita. Se un acquirente dovesse scoprire difformità nelle parti comuni dopo l’acquisto, potrebbe richiedere un risarcimento, l’annullamento della compravendita, o anche intraprendere azioni legali contro il condominio o il costruttore. Per gestire queste situazioni, esistono diverse soluzioni.
Una possibilità è la sanatoria edilizia, che consente di regolarizzare la difformità, a condizione che essa sia sanabile. In tal caso, sarà necessario presentare una richiesta al Comune per ottenere l’approvazione presso l’ufficio tecnico. Se la difformità non è sanabile, si dovrà considerare il ripristino delle condizioni originali, mediante un intervento deciso in assemblea condominiale. Durante questa riunione, si stabiliranno le modalità di intervento e la ripartizione delle spese necessarie per sistemare le irregolarità, consentendo alla vendita di proseguire senza intoppi. In generale, è sempre consigliabile informarsi accuratamente sulla situazione del condominio e consultare l’amministratore prima di acquistare o vendere, evitando sorprese sgradite in futuro.
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