Pubblicato il: 27/12/2024
Il tema degli affitti brevi sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nel dibattito pubblico, soprattutto con l’avvicinarsi della scadenza per l’introduzione del Codice Identificativo Nazionale (CIN). A partire da gennaio, infatti, tutte le strutture sprovviste di questo codice obbligatorio rischieranno sanzioni, mettendo in luce l’urgenza di adeguarsi alle nuove normative.
Per fare chiarezza sullo stato attuale del settore, la Fondazione ISSCON e l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, con il supporto del SUNIA, hanno realizzato un’indagine approfondita per analizzare il livello di legalità e conformità degli affitti turistici in Italia. Lo studio, condotto nella prima metà di novembre, ha preso in esame quasi mille immobili distribuiti in dieci città campione. La selezione ha incluso sia gestori privati che professionali, con focus sulle principali piattaforme di prenotazione.
I dati raccolti sono emblematici. Solo il 52% delle strutture monitorate si è dotato del CIN, evidenziando una diffusa mancanza di conformità. Ancora più preoccupante è il dato relativo alla sicurezza: appena l’8,5% degli immobili risulta pienamente in regola, rispettando sia l’obbligo del CIN che i requisiti di sicurezza previsti dalla normativa. In altre parole, soltanto 1 appartamento su 12 soddisfa tutti gli standard richiesti, sottolineando la necessità di interventi mirati per regolarizzare il settore.
L'analisi territoriale mette in luce profonde disparità nel rispetto delle normative sugli affitti brevi, con alcune città significativamente più indietro di altre nell’adozione del Codice Identificativo Nazionale (CIN). Napoli si posiziona in fondo alla classifica: solo il 32% degli immobili risulta dotato del codice obbligatorio. Situazioni poco migliori emergono a Firenze (37%), Bologna (48%) e Torino (51%).
Un lieve miglioramento si registra in città come Alghero (53%), Roma (54%) e Venezia (57%), mentre le performance più positive arrivano da Lecce e Catania, con il 60% di immobili conformi. A guidare la classifica c’è Milano, che raggiunge il 67%, una percentuale che, sebbene incoraggiante, riflette comunque l’ampio margine di irregolarità a livello nazionale.
Se si sposta l’attenzione sui requisiti di sicurezza, il panorama si fa ancora più critico. Torino emerge come la città meno conforme, con appena il 2,2% degli immobili in regola. Seguono Bologna, Napoli e Firenze, dove il tasso di conformità raggiunge solo il 5,6%. Catania (6,7%), Lecce (7,8%) e Venezia (10%) mostrano dati lievemente migliori, ma ancora distanti da standard accettabili.
Le uniche città che si distinguono sono Milano, con il 17,7%, e Roma, che guida la classifica con il 19%. Tuttavia, questi risultati rimangono all’interno di un quadro complessivamente negativo, evidenziando una diffusa carenza di attenzione verso la sicurezza.
Il settore degli affitti brevi è al centro di un acceso dibattito, spesso considerato uno dei fattori che contribuiscono alla crisi abitativa nelle città. Tuttavia, l’analisi suggerisce un approccio più sfumato: pur essendo necessario monitorare con attenzione il fenomeno, non può essere visto come l’unico responsabile delle difficoltà abitative.
Tra i principali attori coinvolti emergono responsabilità condivise. Da un lato, le piattaforme che facilitano le locazioni turistiche devono assumersi un ruolo più attivo nel promuovere la conformità normativa. Dall’altro, anche gli amministratori locali, spesso critici nei confronti degli affitti brevi, devono fare i conti con le conseguenze delle proprie politiche sul turismo. "Molte amministrazioni - si legge nel rapporto - non hanno valutato a fondo l’impatto delle loro decisioni sul tessuto urbano, in particolare nelle aree più fragili".
Un altro elemento chiave del dibattito riguarda le associazioni degli albergatori. Questi attori, pur denunciando una disparità di trattamento rispetto al settore degli affitti brevi, dovrebbero riflettere sulle criticità interne del comparto alberghiero, come l’eccessiva frammentazione, la debolezza strutturale e le politiche di prezzo talvolta poco competitive.
Lungi dall’essere un problema univoco, il settore degli affitti brevi si configura come una realtà complessa, dove ogni attore, dal pubblico al privato, deve assumersi la propria parte di responsabilità per favorire un equilibrio sostenibile tra turismo e abitabilità urbana.
L’indagine rivela che gli affitti brevi, pur essendo un fattore significativo, non sono l’unica causa delle problematiche legate al mercato immobiliare. Molti immobili non vengono semplicemente sottratti alla disponibilità per le locazioni a lungo termine, ma vengono scelti come investimenti alternativi alla vendita, con conseguenze che influenzano negativamente l’intero settore.
Per comprendere meglio l’impatto economico di queste scelte, consideriamo il caso di un bilocale nel centro storico di Firenze, con un valore di mercato di 300.000 euro. Il proprietario ha diverse opzioni:
Sebbene queste stime debbano essere valutate con cautela, tenendo conto dei costi di gestione e delle variabili del settore, è evidente che gli affitti brevi offrono un vantaggio economico significativo. Tale convenienza è accentuata da una persistente mancanza di trasparenza fiscale e di controlli, che ha caratterizzato questo mercato, in particolare in assenza di una gestione professionale e di normative chiare.
Secondo l’analisi, la situazione potrebbe migliorare con l’introduzione del Codice Identificativo Nazionale (CIN) e degli obblighi di sicurezza previsti dalla normativa nazionale. Tuttavia, sarà fondamentale un monitoraggio rigoroso e continuo per riportare il mercato degli affitti brevi sotto un regime normativo preciso, che rispetti le esigenze delle città e dei loro abitanti, e allo stesso tempo garantisca la giusta concorrenza nel settore.
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